Per il corpo umano il glucosio è importante in quanto è l'unica fonte energetica del cervello, che non ha modo di conservarne una propria scorta né può in qualche modo costruirselo. Basti pensare che senza glucosio le cellule cerebrali morirebbero dopo pochi minuti, questo fa ben capire quanto sia importante la presenza di glucosio nel sangue.
Per mantenere stabile la presenza di glucosio nel sangue il corpo umano ha un sistema di regolazione ad opera di due ormoni antagonisti prodotti dal pancreas: l'insulina (ipoglicemizzante) e il glucagone (iperglicemizzante), i quali provvedono a far aumentare o diminuire all'occorrenza il glucosio in circolazione.
Il nostro corpo, o dovremo dire il nostro pancreas, lavora attivamente ogni momento della giornata per mantenere il valore della glicemia (cioè il quantitativo di glucosio presente nel sangue) entro un certo range e questo è importante perché sia valori troppo bassi di glicemia (ipoglicemia) che valori troppo alti (iperglicemia) possono arrecare danni all'organismo. Se l'ipoglicemia o l'iperglicemia si protraessero a lungo, le conseguenze potrebbero essere gravi, passando da uno stato di confusione e convulsioni, fino ad arrivare al coma ipoglicemico. Inoltre, alti picchi glicemici che si ripetono nel tempo possono causare l'insorgenza del diabete.
I ruoli dell’insulina:
- promuove l'eliminazione del glucosio in eccesso facendolo accumulare nel fegato e nei muscoli scheletrici sottoforma di glicogeno;
- promuove l'eliminazione del glucosio in eccesso facendolo accumulare nel tessuto adiposo sottoforma di grasso;
- promuove la formazione dei trigliceridi a partire dalle proteine e dai carboidrati;
- promuove il consumo dei carboidrati da parte delle cellule, inibendo il consumo di grassi e proteine.
I ruoli del glucagone:
- promuove la liberazione del glicogeno dal fegato, che verrà trasformato in glucosio;
- promuove il consumo di grassi e proteine, inibendo il consumo di carboidrati;
- promuove la liberazione dei grassi stipati nel tessuti adiposi in modo da porteli poi convertire in energia.
Generalmente la glicemia nel sangue si attesta intorno ad 70-99 mg/dl, ma troviamo delle scorte di glucosio nel fegato e nei muscoli, sottoforma di glicogeno - uno zucchero di riserva. Il glicogeno presente nel fegato è in totale circa 70-99 gr, mentre quello presente nei muscoli scheletrici è in totale circa 150-300 gr. La scorta di glicogeno si rivela utile per procurare glucosio all'organismo in modo semplice e immediato se ne abbiamo temporaneamente bisogno, ad esempio se stiamo digiunando da diverse ore e quindi il corpo necessita di glucosio. Anche il glicogeno presente nei muscoli funge da scorta, ma viene usato solo localmente, non viene liberato nel sangue.
Ecco i Valori di glicemia a digiuno e dopo 2 ore dal pasto, espressi in mg/dl(*):
Ipoglicemia:
- =<69 mg/dl
Glicemia normale:
- a digiuno 70 - 99 mg/dl
- a 2 ore dal pasto =<139 mg/dl
Disglicemia o Glicemia alterata (pre-diabete / intolleranza o ridotta tolleranza al glucosio:
- a digiuno 100 - 125 mg/dl (**)
- a 2 ore dal pasto 140 < 199 mg/dl (***)
Diabete:
- a digiuno >= 126 mg/dl
- a 2 ore dal pasto =>200 mg/dl
- durante la giornata =>200 mg/dl
* mg/dl = milligrammi di glucosio per decilitri di sangue
** questo valore alterato della glicemia a digiuno viene definito come Ridotta glicemia a digiuno
*** questo valore alterato della glicemia a 2 ore dal pasto viene definito come Ridotta tolleranza al glucosio
I soggetti con Ridotta glicemia a digiuno e Ridotta tolleranza al glucosio mostrano livelli di glucosio più alti della media ma questi livelli sono anche inferiori a quelli diagnosticati nel diabete. Un tempo definita come Prediabete, questa fase transitoria conduce al diabete, quindi diagnosticarla precocemente potrebbe fare la differenza per la prevenzione di questa malattia.
Altri fattori che possono portare al diabete, ma che che possono essere migliorati, sono:
- indice di massa corporea elevato, (IMC) superiore a 25;
- stile di vita sedentario;
- ipertensione;
- dislipidemia (elevato livello di colesterolo e/o trigliceridi nel sangue).
La Ridotta tolleranza al glucosio (IGT, Impaired Glucose Tolerance) definisce una condizione di insulino-resistenza che potrebbe portare al diabete.
Si è in una condizione di insulino-resistenza (o resistenza all'insulina) quando le cellule dei muscoli e gli adipociti non rispondono più all'insulina in modo ottimale e quindi il glucosio che è in circolazione non viene prelevato da queste cellule. Il pancreas a questo punto provvede a rilasciare ulteriore insulina nel tentativo di far abbassare il livello di glicemia (iperinsulinemia compensatoria) e picchi ripetuti di glicemia nel lungo termine peggioreranno la situazione, sfociando nel diabete.
Per analizzare la risposta insulinica al glucosio, il soggetto può fare il test di tolleranza al glucosio orale (OGTT): durante questo test vengono somministrati 75 gr di glucosio in 250-300 ml di acqua. La soluzione deve essere bevuta in 5 minuti e, prima del test, è necessario un digiuno di 10-16 ore, preceduto da una dieta libera di 3 giorni, ma con almeno 150 gr di carboidrati al giorno + esercizio fisico come di consueto.
Dopo 2 ore dalla somministrazione della soluzione viene misurata la glicemia che, nel caso di ridotta tolleranza al glucosio, sarà tra 140 e 199 mg/dl (da 7,8 a 11,0 mmol). Se la glicemia è inferiore ai 140 mg/dl il soggetto è sano, mentre se è superiore a 199 mg/dl allora il soggetto è diabetico (diabete mellito di tipo 2).
Importante: un solo test OGTT anomalo non basta a diagnosticare una ridotta tolleranza al glucosio né il diabete; per poter fare una diagnosi occorrono almeno un altro test OGTT eseguito un altro giorno oppure, in alternativa, si può eseguire un altro tipo di test di screening.
La condizione di ridotta tolleranza al glucosio non conduce inevitabilmente al diabete, ma il soggetto interessato deve affrontare un deciso intervento sullo stile di vita e sull’alimentazione, in modo da correggere le abitudini sbagliate e radicate. Essendo il diabete di tipo 2 una malattia metabolica caratterizzata da glicemia alta, per poter fermare o rallentare il progredire della malattia è necessario rivedere i pasti, scartando o limitando molto alcuni alimenti (alimenti troppo calorici, alimenti ricchi di carboidrati, alimenti troppo grassi), e prediligendo altri alimenti (alimenti ricchi di fibre e di basso tenore calorico). Il soggetto dovrà evitare quanto più possibile la vita sedentaria, dovrà fare sport o comunque attività fisica regolare, in modo da contrastare i picchi glicemici. Inoltre, se il soggetto è in sovrappeso, probabilmente dovrà perdere almeno una parte dei chili in eccesso, ma questo sarà anche una conseguenza del nuovo stile di vita che verrà adottato (alimentazione + attività fisica). Il soggetto pre-diabetico dovrà anche smettere di fumare. Se nessun intervento viene posto in essere per tempo, entro 10 anni si passerà dallo stato di insulino-resistenza al diabete conclamato.
Giacché parliamo di attività fisiche, ricordiamo che le raccomandazioni dell'OMS indicano un minimo di 150 minuti di attività fisica moderata a settimana, che diventano 75 minuti nel caso in cui l'attività fisica sia vigorosa. Questo tempo da dedicare alle attività fisiche non deve essere considerato come tempo massimo, ma come punto di partenza per una vita attiva.
Con la ridotta tolleranza al glucosio potrebbe riscontrarsi anche un'altra condizione, definita come alterata glicemia a digiuno (IFG). Questa condizione si manifesta con una glicemia a digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dl (da 5,6 a 6,9 mmol). In un soggetto sano la glicemia a digiuno è uguale o inferiore a 99 mg/dl.
Come abbiamo detto precedentemente, continui picchi di glicemia nel sangue comportano alla lunga problemi di obesità, sindrome metabolica, infiammazioni, diabete o condizioni prediabetiche, inoltre, alcuni studi suggeriscono una correlazione anche con alcune forme tumorali.
Per non incorrere in tali problematiche sarebbe quindi opportuno tenere sotto controllo i picchi di glicemia, e di conseguenza non scatenare continui alti livelli di insulina nel sangue. Infatti, quando consumiamo un pasto ad alto Indice Glicemico, capace di scatenare un repentino innalzamento della glicemia, il nostro pancreas secerne in risposta l'insulina. L'insulina ha il compito di far passare il glucosio dal sangue nelle cellule a scopo energetico, inoltre fa immagazzinare velocemente il glucosio eccedente nel tessuto adiposo sottoforma di grasso oppure lo immagazzina nel fegato e nei muscoli, stavolta sottoforma di glicogeno.
Questa veloce pulizia del glucosio da un lato va ad incidere sul grasso adiposo, provocando a lungo andare obesità, dall'altra porta un senso di sazietà di breve durata, per cui sentiremo nuovamente i morsi della fame già dopo circa 2 ore dal pasto.
Vediamo passo passo cosa succede: durante la digestione gli enzimi digestivi scompongono i glucidi in glucosio, che, attraverso l'intestino, passa nel sangue. Normalmente i valori della glicemia a digiuno sono tra 70 e 99 mg/dl, ma dopo il pasto il valore della glicemia sale intorno a 140 mg/dl.
Il Glucosio in eccesso nel sangue crea stress al corpo, portando con sé infiammazione. In presenza del picco glicemico, vengono rilasciati i radicali liberi che creano danni alle cellule, modificano il DNA in punti casuali e possono arrivare a provocare tumori. Generalmente il corpo è attrezzato per affrontare i radicali liberi, ma quando i picchi diventano troppi, il corpo non riesce più a tamponare i danni: si arriva a questo punto allo stress ossidativo, che genera glicazione.
La glicazione (chiamata anche glicosilazione non enzimatica, che avviene senza l'azione di un enzima (a differenza della glicosilazione enzimatica, che invece avviene con un'azione enzimatica ed è necessaria per il funzionamento della molecola ultima), è il risultato del legame tra il glucosio o il fruttosio e una molecola proteica, il cui funzionamento viene alterato.
La glicazione non enzimatica, come abbiamo detto, non avviene tramite un enzima ma attraverso altri meccanismi, che iniziano con un'alta concentrazione di zuccheri intorno alla proteina e che reagiscono con la proteina stessa alterandola/denaturandola in modo irreversibile. La molecola che ne deriva è chiamata corpo di glicazione o prodotto finale di glicazione avanzata AGE (Advanced Glycation End-product) ed è alla base anche dell'invecchiamento cellulare. Ricordate la pubblicità della crema con gli anti-AGE per sfuggire all'invecchiamento della pelle del viso? Ma non si parla solo di invecchiamento della pelle, la glicazione è anche legata all'insorgenza di altre malattie: la glicazione causa l'ispessimento dei vasi sanguigni promuovendo in questo modo le patologie cardiovascolari, provoca danni agli occhi causando l'insorgenza della cataratta, provoca invecchiamento cutaneo ed è legata a malattie come il diabete, la sindrome metabolica, l'aterosclerosi (o arteriosclerosi) e l'ipertensione.
Torniamo ora al nostro corpo che, dopo ogni pasto particolarmente ricco di carboidrati, cerca di limitare i danni che gli zuccheri possono provocare. Per limitare i danni ossidativi, interviene quindi il pancreas che rilascia l'insulina al fine di stipare il glucosio quanto più possibile, nei modi di cui dispone. Questo è un meccanismo di difesa del nostro corpo.
Grazie all'azione dell'insulina, che ha il compito di riportare il valore della glicemia a circa 99 mg/dl, parte del glucosio viene convertito in grasso e stipato nel tessuto adiposo come riserva energetica, mentre un'altra parte viene stipata, sottoforma di glicogeno e solo se occorre, nei muscoli scheletrici (circa 150-300 grammi di glicogeno) e nel fegato (circa 70-99 grammi di glicogeno). Se non serve, magari perché siamo soggetti a continui innalzamenti della glicemia e il nostro corpo ha già stipato abbastanza glicogeno nel fegato e nei muscoli scheletrici, i quali, pur essendo dei buoni magazzini di stoccaggio, hanno una capacità limitata e non possono accumulare tutto il glucosio che arriva dall'alimentazione, allora tutto il glucosio verrà conservato sottoforma di grasso e accumulato nel tessuto adiposo.
Oltre al glucosio abbiamo anche il Fruttosio, uno zucchero presente nella frutta, come il nome stesso suggerisce, ma che troviamo anche nel miele e negli ortaggi, alcune dei quali ne sono particolarmente ricchi, come ad esempio le carote e i peperoni. Il fruttosio, a differenza del glucosio, non viene captato immediatamente dalle cellule dei muscoli e del tessuto adiposo, quindi è meno dannoso dal punto di vista insulinico. Ricordiamo che il fruttosio ha orientativamente IG 20, che è basso se confrontato a quello del saccarosio (IG 68) e del glucosio IG 100). Per questo motivo viene anche utilizzato dai diabetici come alternativa al comune zucchero saccarosio. Se consumato in dosi moderate, come può essere quello contenuto nella frutta e negli ortaggi che quotidianamente consumiamo, non apparta danni, anche perché frutta e ortaggi contengono fibre, le quali ostacolando o rallentando l'assorbimento del fruttosio. Al contrario, un abuso di fruttosio diventa invece un problema di salute.
Per poter essere utilizzato il fruttosio deve essere prima convertito in glucosio e questa conversione avviene ad opera del fegato, attraverso un processo simile a quello che avviene con l'alcool, stressando quindi il fegato. Infatti, mentre l'abuso di alcool può causare la Steato-epatite Alcolica, l'abuso di fruttosio può portare alla Steato-epatite Non-Alcolica, che negli Stati Uniti d'America è una delle principali cause di insufficienza epatica sia in adulti e bambini.
Inoltre, se le scorte di glucosio sono sature, cosa che generalmente avviene perché con i pasti assimiliamo già zuccheri in abbondanza, il fruttosio viene convertito direttamente in grasso e non può essere stipato come fonte energetica nel fegato o nei muscoli (non viene cioè trasformato in glicogeno). Viene invece usato come grasso del tessuto adiposo viscerale (il grasso che si trova tra gli organi, nell'addome) e, sempre sottoforma di grasso, provoca alcuni danni, ad esempio si deposita nei muscoli come grasso (acidi grassi liberi) e provoca insilino resistenza a livello muscolare, va poi a stimolare la lipogenesi, cioè l'aumento del tessuto adiposo; l'elaborazione del fruttosio provoca anche l'aumento dell'acido urico, con conseguente aumento della pressione arteriosa, inoltre va anche ricordato che il grasso ricavato dal fruttosio si accumula nel fegato, provocando la steatosi epatica, ossia il fegato grasso. Inoltre pare che il fruttosio abbia un'attività di glicazione 10 volte superiore a quella del glucosio, ciò significa che il fruttosio tende a legarsi più facilmente alle proteine portando alla formazione degli AGEs, con probabile perdita di funzionalità delle cellule, di cui abbiamo parlato prima. L'ultimo aspetto che andremo ad elencare riguarda il senso di sazietà: non stimolando il rilascio di insulina, il fruttosio non attiva quelle vie che inducono il senso di sazietà.
Per tutti questi aspetti, quindi, i danni dati dal fruttosio in eccesso sono anche maggiori di quelli dati dal glucosio e per questo motivo un abuso di questo zucchero non dovrebbe essere incentivato (parliamo del fruttosio aggiunto ai prodotti industriali e negli sciroppi), mentre è del tutto innocuo, lo ricordiamo, quando il consumo è limitato alle dosi di frutta e verdura giornaliere.
Cercare di non eccedere con la dose giornaliera di fruttosio diventa quindi importante, ma come mai rischiamo così facilmente di superare la dose giornaliera? Il fruttosio non è solo lo zucchero che rende dolci frutta, miele e ortaggi, ossia lo zucchero semplice monosaccaride che chiamiamo appunto Fruttosio, ma lo troviamo anche nel Saccarosio, il comune zucchero da cucina.
Dobbiamo infatti ricordare che il Saccarosio è uno zucchero disaccaride, ossia composto da due molecole di zucchero monosaccaridi, che sono appunto il glucosio e il fruttosio. Quando, dopo la digestione, il saccarosio verrà scomposto in glucosio e fruttosio, il glucosio verrà usato come scorta energetica o come grasso (che, a onor del vero, è sempre una scorta energetica), mentre il fruttosio verrà quasi sicuramente convertito in grasso. Ecco allora che la dose di fruttosio che già assimiliamo consumando la frutta e altri vegetali, verrà a sommarsi a quello che assimileremo semplicemente consumando il saccarosio. E il saccarosio lo troviamo in tantissimi alimenti, dai dolci lievitati agli snack, nei succhi, nelle confetture e marmellate, nel latte, nel caffè e nel tè come dolcificante. Se poi facciamo l'errore di usare il fruttosio al posto dello zucchero da cucina, aggiungendolo quindi ai dolci o alle bevande, ecco che la dose giornaliera è subito superata.
Basta allora sostituire uno zucchero con l'altro per non avere problemi? No, quello che va migliorata è l'alimentazione in generale, riducendo quanto possibile l'assunzione extra di zuccheri, limitando quindi i dolciumi e lo zucchero usato in cucina, ma anche le bevande zuccherate, gli sciroppi8 e i succhi di frutta.
Una volta che il glucosio è stato tolto dalla circolazione, però, il livello di glucosio/glicemia scende e questo scatena nuovamente il senso di fame; a questo punto il cerchio si ripete finché continueremo a mangiare solo alimenti ad alto Indice Glicemico e che non sono in grado di controllare l'innalzamento della glicemia.
Il glucosio verrà tolto dal torrente circolatorio tanto più velocemente quanto più alta sarà la sua concentrazione, o, in altri termini, quanto più alto in carboidrati sarà stato il pasto precedente consumato. Quando la velocità di eliminazione dei carboidrati è particolarmente elevata, si ha una situazione per cui il livello di glicemia scende sotto il valore iniziale (si intende il valore di glicemia preprandiale), causando una situazione di ipoglicemia postprandiale detta Ipoglicemia reattiva, che può manifestarsi dalle 2 alle 5 ore successive al pasto. Sintomi dell'ipoglicemia reattiva sono:
- sudorazione
- brividi
- tremori
- nausea
- giramento di testa
Il grasso si accumula un po' ovunque, nel fegato, provocando Steatosi epatica (NAFLD, sigla che significa Fegato grasso per causa non alcolica), tra gli organi e nel tessuto adiposo (sulla pancia, sui fianchi, sulle cosce ecc ecc). Ma non finisce qui, infatti il grasso inizia ad accumularsi anche nel flusso sanguigno, facilitando l'insorgere di patologie cardiache.
Quando verrà usato il grasso immagazzinato? Verrà usato solo quando il livello di glucosio nel sangue si abbasserà (e quindi si abbasserà la glicemia) e, ad opera di un altro ormone secreto dal pancreas, il glucagone, che ha effetto iperglicemizzante, il fegato supporterà la mancanza di glucosio sacrificando parte della propria scorta. Ma non fino ad esaurirla: infatti, dopo aver speso un po' delle sue scorte per coprire la momentanea mancanza di glucosio, ad un certo punto il prelievo di glicogeno rallenta proprio perché, che come abbiamo detto, è vitale per il funzionamento del cervello e per la nostra stessa sopravvivenza.
Solo a questo punto, e sempre ad opera del glucagone, verrà intaccata la massa adiposa e il grasso verrà convertito in glucosio. Quindi, anche in questo caso e stavolta grazie al glucagone, la glicemia verrà portata ai valori normali, in modo da garantire energia alle cellule. Nota bene: Per attivare questo meccanismo è importante che il livello di insulina sia basso, in quanto l'insulina inibisce il consumo di grassi.
Lo stato postprandiale dura generalmente 4-5 ore, se poi si considerano la media di tre pasti al giorno, si arriva alla conclusione che siamo, per la gran parte della giornata, nello stato postprandiale (si stimano in media 15-16 ore al giorno). Se a questo lungo stato si abbinano alti livelli di insulina (iperinsulinemia) si concluderà che avremo, per diverse ore al giorno, un'alta ossidazione dei carboidrati al fine di immagazzinarli, con conseguente aumento di peso se questo diventa uno stile di vita.
Questa è anche la strada che, nel tempo, porta al Diabete mellito di tipo 2, detto anche Diabete dell'adulto, e che rappresenta circa il 90% di tutti i casi di diabete. La maggior parte dei soggetti che si ammalano di questa forma di diabete hanno almeno 40 anni, ma questa malattia può verificarsi anche nei soggetti più giovani.
Il Diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato da un declino della secrezione di insulina in risposta al carico dei nutrienti e questo deficit comporterà un elevato livello di glucosio nel sangue che l'insulina non è riuscita ad abbassare. Al contrario, se evitiamo di stare per troppe ore in stato postprandiale, verranno bruciati i grassi in quanto i livelli di glucosio nel sangue saranno bassi.
Scegliere alimenti dal basso IG ci preserva dai fattori di rischio sopra menzionati? No, non è detto perché, come abbiamo detto, ciò che alla fine conta è anche la dose di carboidrati introdotti, e quindi le porzioni degli ingredienti saranno in definitiva quelle che davvero faranno aumentare la glicemia nel sangue.
Basta considerare solo l'IG per evitare picchi glicemici? No, anzi va tenuto presente, nell’ottica di un’alimentazione varia ed equilibrata, che gli alimenti contenenti un alto IG possono comunque essere consumati ma in dosi minori.
L'Indice Glicemico non deve essere considerato come un fattore IN/OUT, ma piuttosto come un'indicazione su quanto moderatamente consumare degli alimenti. La pasta o il pane possono anche avere IG alto, ma, più che eliminare la pasta dalla nostra alimentazione, possiamo semplicemente diminuirne la dose oppure adottare delle strategie alimentari efficaci e che aiutano ad abbassare l'IG totale. Affronteremo questo aspetto nel prossimo paragrafo.
Inoltre, alimenti ad alto IG possono avere un'esigua quantità di carboidrati, tali per cui in realtà i picchi di glicemia nemmeno ci sarebbero. Ne è un esempio l'anguria, che ha sì IG 75, ma solo 3,7 gr di carboidrati per 100 gr di prodotto.
NOTE:
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Per conoscere le vostre specifiche esigenze in ambito nutrizionale, vi consigliamo vi rivolgervi ad un dietologo nutrizionista.
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